Nei giorni scorsi sono stati segnalati in Lombardia quattro focolai di diarrea epidemica suina (PED– porcine epidemic diarrhea). In tutti e quattro i casi è stato isolato il ceppo a bassa patogenicità circolante negli USA. Le autorità sanitarie locali hanno messo in atto le opportune misure di gestione e di contenimento della malattia per prevenire l’insorgenza di ulteriori focolai.

La diarrea epidemica suina è una malattia virale dei suini causata da un coronavirus. Nel suino, la malattia si manifesta con sintomi gravi (diarrea associata a vomito e disidratazione con alta mortalità) provocando ingenti perdite nella produzione. L’infezione non rappresenta invece un pericolo per l’uomo, né tramite il contatto diretto con gli animali né tramite il consumo di carne suina.

Il rispetto delle misure di biosicurezza in allevamento e, in caso di positività, il riconoscimento precoce dei sintomi associato a una rapida diagnosi di laboratorio sono i primi passi per gestire in tempi rapidi l’infezione e impedirne l’ulteriore diffusione.

Che cos’è la diarrea epidemica suina? Scheda tecnica

Eziologia

L’agente eziologico della diarrea epidemica suina (PED – porcine epidemic diarrhea) è un alpha Coronavirus, virus a RNA (singolo filamento, genoma di circa 28000 nucleotidi). Il genoma virale, nel quale sono stati individuati 7 ORF codificanti sia proteine strutturali che non strutturali risulta altamente conservato: l’omologia tra i ceppi virali isolati varia dal 96.3% al 99.5%. Il sequenziamento genomico dei ceppi virali circolanti in Cina, Korea, USA ed Europa ha permesso di dividere tali ceppi in 2 gruppi, gruppo I e gruppo II, al cui interno sono presenti ulteriori suddivisioni. Ceppi tedeschi recentemente isolati dimostrano un tasso di omologia variabile dal 99.0% al 99.5% con i ceppi isolati ultimamente negli USA; i ceppi italiani isolati dal 2007 al 2014 sono stati suddivisi in 3 cluster, di cui uno ha una elevata somiglianza con i ceppi USA.

Diffusione

Dalla sua scoperta, avvenuta nei primi anni ’70, fino alla fine degli anni ’90, la PED ha causato ingenti danni alla suinicoltura europea. Attualmente, pur essendo scarsamente riportata in Europa, la PED ha assunto in Italia, in particolare nella Pianura Padana, le caratteristiche di una malattia endemica. Dal 2005 al 2006 si sono verificati 63 focolai sia in aziende da riproduzione che ingrasso e successivamente, dal 2008 al 2014, sono stati registrati 71 casi in 58 diverse aziende, per la maggior parte da ingrasso. Nel 2011 sono stati segnalati 8 casi, 9 nel 2012 e 8 nel 2013. Nel resto del mondo, la PED risulta endemica nella maggior parte dei Paesi Asiatici a suinicoltura industriale. Negli USA la malattia è stata per la prima volta segnalata nel maggio del 2013. Qui la sua diffusione è stata rapidissima, colpendo dapprima l’America Latina (Messico, Perù e Cile) e poi anche l’America del Nord (da gennaio ad aprile 2014 sono stati segnalati 58 focolai in Canada), interessando a settembre 2014 32 stati.

Trasmissione

L’infezione da virus PED avviene prevalentemente per via oro-fecale: il virus replica nelle cellule epiteliali dei villi intestinali dell’intestino tenue e in minor grado del colon di suini di tutte le età. La gravità della forma clinica dell’infezione varia in funzione dell’età dei soggetti colpiti e del grado di immunità della popolazione. In una popolazione naïve, negli animali sottoscrofa la morbidità dell’infezione raggiunge il 100% e si manifestano vomito e diarrea acquosa, non muco-emorragica, con presenza di flocculi di latte non digerito nelle feci; ne consegue una rapida e marcata disidratazione, causa di tassi di mortalità variabili dal 80 al 100%. Negli animali in svezzamento, all’ingrasso e nei riproduttori, si osserva una forma clinica analoga ai soggetti sottoscrofa ma la mortalità non supera il 3% negli svezzati e l’1% nelle altre categorie. L’elevato tasso di mortalità nei soggetto sottoscrofa è dovuta alla scarsa capacità di rigenerazione dei villi intestinali in questi soggetti, a differenza di quanto avviene nei soggetti di età superiore. In genere, una volta entrata in un allevamento naïve, la malattia si manifesta, dopo 5-6 giorni dall’introduzione, prima nei soggetti sottoscrofa e successivamente nei soggetti di età superiore entro 8-10 giorni dai primi casi di diarrea nelle sale parto. Le forme cliniche nei soggetti sottoscrofa si riducono gradualmente fino a scomparire quando tutte le scrofe, in ragione dell’infezione, sono in grado di produrre immunoglobuline colostrali, generalmente dopo 6-8 settimane dalla comparsa dei primi casi; tale periodo risente di alcuni fattori quali il sistema di produzione (ciclo aperto/chiuso), le misure di biosicurezza adottate, le dimensioni aziendali, il management aziendale e la compresenza di altri patologie enteriche e sistemiche.

Prevenzione e controllo

La prevenzione nei confronti della malattia in allevamenti naïve si basa esclusivamente sull’applicazione di severe misure di biosicurezza in quanto in Europa non sono disponibili vaccini registrati. In Cina e Giappone sono presenti sul mercato vaccini tradizionali sia spenti che attenuati, in Corea del Sud e nelle Filippine è disponibile invece un vaccino attenuato da somministrare per via orale. Negli Stati Uniti, a seguito dei numerosi focolai emersi nel 2013 e 2014, è permessa la vaccinazione e sono disponibili un vaccino spento e uno a subunità (proteina S “spike”). Il sospetto clinico di infezione da PEDV deve necessariamente essere confermato attraverso indagini di laboratorio; le metodiche diagnostiche biomolecolari (real time PCR) unitamente alla microscopia elettronica permettono di confermare in breve tempo la presenza della PED in allevamento.

Altre pagine di riferimento

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