La prima ad arrivare è Doccia, poi è la volta di Sunny e Pepita, infine Ambra. Ogni lunedì, per 6 mesi questi cani hanno partecipato a sedute terapeutiche con alcuni detenuti dell’Istituto di Custodia Attenuata (ICAT) di Padova, per migliorarne la socialità e il recupero psicofisico.

Lo studio pilota è stato realizzato con il supporto finanziario della Regione del Veneto e grazie alla collaborazione tra il Centro di referenza nazionale per gli interventi assistiti con gli animali (CRN IAA), l’U.O. Sanità penitenziaria e l’attuale U.O.C Igiene Urbana dell’Az. Ulss 6 Euganea, allo scopo di valutare l’efficacia delle terapie assistite con gli animali (TAA) in programmi di riabilitazione terapeutica in carcere. I risultati sono pubblicati sull’International Journal of Environmental Research and Public Health.

Nello studio sono stati coinvolti 12 detenuti con alle spalle una storia di dipendenza da droghe, già sottoposti al programma terapeutico individuale previsto dalla struttura penitenziaria, in cui sono state integrate anche le sedute di TAA.

Tra ottobre 2015 e marzo 2016 sono stati realizzati interventi di un’ora alla settimana, per 20 incontri complessivi, in cui i detenuti, opportunamente seguiti da uno staff composto da uno psicoterapeuta e un coadiutore del cane, hanno potuto intraprendere un percorso volto a migliorare le loro capacità relazionali e di comprensione delle proprie ed altrui emozioni interfacciandosi con i cani.

I detenuti hanno lavorato a gruppetti di tre con ciascun cane, svolgendo varie attività con livelli crescenti di complessità: dalla cura dei bisogni primari (acqua, cibo, igiene), al gioco, fino ai percorsi di agility affrontando il tema delle affinità esistenti tra i bisogni del cane e quelli dell’essere umano.

Al termine del programma di TAA sono stati registrati da parte dei detenuti, rispetto al gruppo di controllo, un aumento significativo delle abilità sociali e una riduz­­ione dell’ansia, dei sintomi depressivi e del desiderio compulsivo di assumere sostanze (craving). Questo studio ha confermato l’importante ruolo del cane come mediatore relazionale, in grado di muovere i soggetti verso la ricostruzione di una socialità fondata sull’autostima e sull’assertività.

L’efficacia di questa esperienza, confortata da evidenze scientifiche, incoraggia l’impiego delle TAA come co-terapie da inserire nei programmi di riabilitazione in carcere. Questi risultati hanno pertanto motivato la realizzazione di una seconda progettualità, che vedrà coinvolte le stesse unità supportate economicamente dalla Regione del Veneto, nel corso del 2018. Tali programmi si sono dimostrati efficaci nel migliorare lo stato di salute e benessere dei detenuti sia durante la reclusione sia dopo il termine della pena, quando il rischio di ricaduta è più elevato.

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