Mentre la situazione nel pollame si è attenuata durante l’estate, il virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) ha continuato a colpire gli uccelli selvatici, in particolare gli uccelli acquatici marini in Europa, per lo più lungo le coste. Con l’inizio della stagione migratoria autunnale, si prevede un aumento dei casi anche in altre specie selvatiche come gli anatidi e le autorità sanitarie ritengono prioritario aumentare la protezione del pollame e di altri animali d’allevamento dagli uccelli selvatici; la biosicurezza dovrebbe essere rafforzata anche negli allevamenti di animali da pelliccia.

Secondo l’ultimo Rapporto sull’influenza aviaria dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e del Laboratorio di referenza europeo (EURL) presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), nel periodo tra il 24 giugno e il 1° settembre 2023 sono stati segnalati 507 focolai di HPAI nei volatili domestici (25) e selvatici (482) in 21 paesi europei.

I carnivori selvatici e domestici continuano ad essere le specie di mammiferi più colpite, con la Finlandia che ha registrato 26 focolai in allevamenti di visoni americani, volpi rosse e artiche, e cane procione. Le autorità locali ritengono che la fonte più probabile di introduzione virale sia da attribuire al contatto con i gabbiani selvatici, ma la trasmissione tra aziende agricole non può essere completamente esclusa. La trasmissione all’interno delle aziende si è verificata attraverso il contatto con alcuni animali che non presentavano segni clinici di infezione.

Nel report si raccomanda anche di evitare l’esposizione dei cani e dei gatti domestici, e in generale degli animali carnivori, ad animali morti o malati (mammiferi e uccelli), e di evitare di somministrare a gatti, cani e altri carnivori domestici frattaglie e carne cruda provenienti da allevamenti non controllati situati in zone in cui è segnalata la circolazione del virus HPAI.

La preoccupazione verso questa malattia riguarda diversi settori, come sottolinea Calogero Terregino, direttore dell’EURL per l’influenza aviaria:

“L’influenza aviaria si conferma una seria minaccia per la sanità veterinaria, un grave problema economico, con ingenti perdite per il settore avicolo a livello globale, e un grande rischio per la biodiversità per il coinvolgimento di specie selvatiche minacciate o uniche, come quelle che vivono nelle isole Galapagos. La persistenza di eventi di spillover nell’uomo, seppur per fortuna limitati, e la circolazione massiccia e prolungata del virus negli animali, impongono di mantenere alta l’attenzione per questa malattia. È necessario che tutti gli attori che hanno un ruolo decisivo nella prevenzione e nel controllo delle epidemie influenzali continuino a lavorare uniti nel rendere sempre più efficaci le strategie di prevenzione e controllo”.

Per quanto riguarda il rischio nell’uomo, sono stati recentemente segnalati due casi di infezione da H5N1 (clade 2.3.4.4b) nel Regno Unito e cinque casi in Cina, tre da H5N6 e due da H9N2. Non è stata segnalata alcuna infezione umana correlata alla presenza dell’influenza aviaria negli allevamenti di animali da pelliccia in Finlandia o nei gatti in Polonia. Le infezioni umane da influenza aviaria rimangono pertanto un evento raro.

L’ECDC ha valutato che il rischio di infezione da virus HPAI in Europa rimane basso per la popolazione umana in generale e da basso a moderato per le persone esposte professionalmente o in altro modo a uccelli o mammiferi infetti (selvatici o domestici). Per ridurre ulteriormente il rischio di infezione, gli esperti raccomandano di evitare l’esposizione a uccelli marini o mammiferi, morti o malati.