Un consorzio di ricerca finanziato dall’European Food Safety Authority (EFSA) ha sviluppato un modello matematico, applicabile a livello europeo, in grado di classificare gli allevamenti ittici sulla base del rischio di introduzione e diffusione delle malattie infettive, al fine di effettuare la sorveglianza basata sul rischio (risk based surveillance), come richiesto dalla normativa comunitaria (Dir 2006/88/CE).

Il progetto Risk categorisation for Aquatic Animal Health Surveillance, della durata di 12 mesi e coordinato dal Secretary of State for Environment, Food and Rural Affairs (Cefas, Uk), ha visto la partecipazione del Laboratorio di epidemiologia applicata all’ambiente acquatico – SCS4, insieme al Royal Veterinary College e al Norwegian Veterinary Institute.

Come si è proceduto?

In seguito a un’approfondita valutazione dei diversi fattori di rischio di introduzione e diffusione delle infezioni, è stato possibile descrivere le tipologie di allevamenti ittici presenti in Europa sulla base della diversa esposizione ai rischi. Successivamente è stato realizzato un case-study per raccogliere le informazioni sui fattori di rischio di introduzione e diffusione di setticemia emorragica virale,necrosi ematopoietica infettiva (SEV/NEI) e anemia infettiva del salmone negli allevamenti di salmonidi, mediante una scheda ad hoc. In questa fase sono stati raccolti dati in 35 troticolture di Triveneto e Regno Unito e in 25 allevamenti di salmoni norvegesi.

Sulla base dei punteggi attribuiti a ciascun allevamento è stato valutato il rischio di introduzione e diffusione della SEV/NEI nelle troticolture italiane ed inglesi e dell’anemia infettiva del salmone (ISA) negli allevamenti norvegesi.

allevamento_salmonidi

I risultati

Il punteggio attribuito agli allevamenti campionati in Italia e nel Regno Unito mostra chiaramente due realtà molto diverse in termini di rischio di introduzione e diffusione delle malattie considerate nello studio; ma questo deriva essenzialmente dal diverso stato sanitario degli allevamenti italiani ed inglesi, dalle diverse tipologie di allevamento nonché dalle diverse modalità di gestione.

In conclusione, il modello sviluppato si è dimostrato flessibile e facilmente adattabile alle diverse malattie prese in esame, ed è in grado di differenziare le aziende sulla base dello stato sanitario e delle loro caratteristiche gestionali e produttive. Risulta pertanto essere unutile strumento per classificare le aziende in funzione del rischio di introduzione e diffusione delle malattie virali.

I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati nella rivista Preventive Veterinary Medicine.

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